Anche 40 minori giunti grazie ai corridoi umanitari frutto della collaborazione tra Comunità di Sant'Egidio e ministero degli Esteri. «Un'emozione grande ritrovarli dopo la fuga dal regime dei talebani»
«Lacrime di donne, sorrisi di bambini, famiglie che si son ricongiunte dopo anni. E' stato emozionante anche per me», confessa Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, tornato dall'aeroporto di Fiumicino dove ieri pomeriggio ha dato il benvenuto a 119 profughi afghani, tra cui 40 minori, arrivati grazie ai corridoi umanitari.
Perché tanta emozione?
«Perché una settantina di loro li avevo già conosciuti a Islamabad, in Pakistan, nel 2022, dopo la loro fuga da Kabul per il ritorno dei talebani. E rimasi colpito dalle condizioni di vita impressionanti, inumane. Attendati in un'aiuola, in mezzo ad una piazza. Eppure, sotto le tende avevano creato una scuola per bambini, grazie anche all'impegno di un ragazzo della nostra comunità di Islamabad. Vedendoli così, senza futuro e in tanta miseria, andando via pensai che dovevo fare assolutamente qualcosa. Ed ecco, riabbracciandoli a Fiumicino, che mi sono commosso».
Centodiciannove afghani, una goccia nel mare rispetto al milione e mezzo di profughi fuggiti, nel 2021, in Iran e in Pakistan dopo la caduta di Kabul. L'Occidente li ha dimenticati?
«Perché siamo intervenuti, dopo l'11 settembre 2001, in Afghanistan per poi lasciare tutto? Di sicuro, nel 2021, quell'abbandono così repentino da parte dei Paesi Nato ha tradito un sacco di persone che pure per 20 anni avevano lavorato per l'Occidente, credendo alle nostre promesse di libertà. Ricorderete quelle scene quasi apocalittiche dell'aeroporto di Kabul preso d'assedio dalla gente disperata che voleva salire a tutti i costi sugli aerei in partenza. Ecco, grazie all'impegno di Sant'Egidio e del ministero degli Esteri e dell'Interno, posso dire oggi anche con un certo sollievo che almeno l'Italia non ha voltato loro le spalle».
Gli afghani arrivati hanno storie drammatiche.
«Terribili. Tra loro ci sono ragazze fuggite dalla prospettiva di un matrimonio forzato, donne rimaste sole con i loro figli perché i mariti sono stati uccisi dai talebani, ragazzi che hanno rischiato la vita battendosi per i diritti umani, ma voglio citare tra tutti Zahra, una giovane che da mesi scriveva lettere bellissime alle nostre scuole della Pace di Sant'Egidio rappresentando il suo desiderio di istruzione e di libertà. Quando l'ho vista, sulla pista di Fiumicino, ho avuto un brivido»
Quel desiderio ora diventa realtà.
«Sì ma attenzione, sapete cosa ho detto ai 119 appena scesi dall'aereo? Ho detto: Ora però prestate attenzione a non fare errori, non date ascolto all'ultimo parente che vi dice: vieni in Germania che si sta meglio! Perché così uscireste dalla legalità. II cammino che dovete fare, invece, è un cammino d'integrazione nella legalità, nell'ottenimento pieno dei vostri diritti».
E' la strada giusta?
«L'integrazione degli stranieri non è un pericolo, è una benedizione per un Paese come il nostro in crisi demografica. In questi anni grazie ai corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant'Egidio insieme ad altre associazioni, dunque senza gravare sul bilancio dello Stato ma solo grazie all'offerta delle famiglie e delle comunità locali italiane, sono arrivate da noi quasi 10 mila persone e molte proprio dalle zone di guerra: Siria, Libano, Libia, Yemen. Perché la guerra da sempre è la madre dei profughi e della povertà. È una sfida dura, ma poi anche quante soddisfazioni...».
Tipo?
«Un ragazzo siriano che si è comprato casa e oggi può pagare il mutuo perché lavora. E un altro che ieri m'incontra per strada e fa: "Signor Riccardi, perché non viene a tagliarsi i capelli da me? Faccio il barbiere, sono arrivato con i corridoi umanitari..."».
È il premio dell'impegno?
«Io nella pace ci ho sempre creduto. Così è significativo che proprio a Roma si parli adesso di ricostruzione dell'Ucraina. Perché parlare di ricostruzione è già parlare di pace».
[ Fabrizio Caccia ]