Papa fino all'epilogo, il sogno (e l'amarezza) di poter fare di più. Andrea Riccardi sul Corriere della Sera
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Papa fino all'epilogo, il sogno (e l'amarezza) di poter fare di più. Andrea Riccardi sul Corriere della Sera

L'addio a Francesco 1936 - 2025
L'idea di una Chiesa-popolo che si gettasse nei crocevia della vita fu un soffio di vitalità. E si scontrò con un mondo di resistenze, inerzie, passività. Con lui scompare l'ultimo leader globale in un mondo che si frammenta

La morte di papa Francesco ha lasciato un vuoto più grande di quanto si credeva. Quella di Giovanni Paolo II era la fine di un modello di papato, il solo conosciuto da molti: un governo carismatico. Bergoglio non amava il modello wojtyliano. Non condivideva la politica del predecessore in America Latina. Paradossalmente, entrambi però si sono trovati di fronte all'appuntamento con la fragilità e, in maniera diversa, l'hanno gestita non nascosti, ma di fronte a tutti, restando papi fino alla fine. Così non è stato per Benedetto XVI, che si è sentito incapace di gestire il governo vaticano, dimettendosi «responsabilmente». Ma la responsabilità non è la cifra che esprime quella carica di fede che si fa forza di cambiamento nella storia, tipica di Wojtyla e Bergoglio (pur così diversi). Francesco è morto sulla breccia, come si è visto a Pasqua, quando ha salutato il suo popolo in modo commovente.

Con lui scompare l'ultimo leader globale: siamo in un mondo che si frammenta, senza leader qualificati dalla ricerca del bene comune mondiale. Bergoglio lo è stato. Si pensi all'enciclica sulla pace, «Fratelli tutti», in cui propone dialogo e fraternità. Nel testo si legge un fulminante passaggio: «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell'umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male». Il suo no alla guerra propone un metodo contro l'indifferenza globale: il contatto con i dolori provocati dai conflitti.

Sulla pace e altri temi, Bergoglio ha saputo coniugare «cose nuove e antiche», come lo scriba saggio del Vangelo. L'ha fatto con un'umanità spesso imprevedibile, dalla forte passione e compassione. Mi disse un'amica argentina, quando il papa fu eletto: ha un «fondo misterioso». L'uomo che si dava alle folle e ai contatti, era anche solo nella guida, senza paura di decidere personalmente. Alla fine, aveva maturato una certa amarezza, perché si sarebbe potuto fare di più. Molti papi l'hanno vissuta ed è segno della carica di speranza con cui si sono gettati nella storia.

Francesco aveva sognato un condiviso cambiamento nella Chiesa, la «conversione pastorale»: con l'«Evangelii gaudium» del 2013, propose una Chiesa in uscita che si gettasse nei crocevia della vita, oltre gli steccati parrocchiali o i circuiti usuali. Quel sogno fece sentire, dopo la sua elezione, un soffio di vitalità, una primavera in una Chiesa un po' stanca. Era la sua rivoluzione che si scontrò con un mondo di resistenze, inerzie, passività.

La Chiesa-popolo di chierici e laici, in uscita con «la gioia del Vangelo», avrebbe dovuto essere protagonista di un processo di affratellamento e tornare popolo. Così non è stato, ma Bergoglio è andato avanti. Ha avuto innegabili successi, come la pace stabilita con settori importanti dell'islam, il discorso ecologico, la centralità dei poveri in una Chiesa divenuta «dei poveri» come voleva il Concilio, tanti viaggi di evangelizzazione e dialogo e altro.

Con gli anni, il papa ha assunto su di sé più responsabilità e decisioni, in una Curia da lui faticosamente riformata, dove aveva perso centralità la Segreteria di Stato, voluta da Montini nella riforma postconciliare. La Segreteria, per Paolo VI, aveva un compito di mediare tra il papa e i «ministeri» vaticani, non per filtrare ma per coordinare il governo della complessità d'un cattolicesimo molteplice. Il centro romano s'è infragilito e non è solo l'internazionalizzazione a risolvere.

Fede indomita, carattere energico, grande memoria, hanno portato a una verticalizzazione del ministero del papa, in cui ha mostrato coraggio e generosità. Ha tenuto unita con fatica la Chiesa mondializzata. Primo papa globale, lascia la domanda di che cosa significhi un governo di un mondo così grande e complesso, non più egemonizzato dal cristianesimo europeo e occidentale.

Sulla pace. La frase fulminante: «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come l'ha trovato»
Il cristianesimo. La complessità di un mondo dove non c'è più l'egemonia dell'Occidente
La parola ENCICLICA. È la lettera apostolica che il Papa indirizza ai vescovi e ai fedeli di tutto il mondo. Francesco ha auspicato un ritorno della Chiesa-popolo con la «Evangelii gaudium» del 2013, mentre sul tema della guerra e della pace ha definito le sue posizioni nell'enciclica «Fratelli tutti» del 2020.


[ Andrea Riccardi ]